ICONA BEATO CHEVRIER

LETTURA DELL’ICONA DEL BEATO ANTONIO CHEVRIER

LETTURA DELL'ICONA DEL BEATO CHEVRIER

ICONA BEATO CHEVRIER

In cammino verso la canonizzazione

del Beato Antonio CHEVRIER

Invito alla lettura dell’icona

con l’iconografa Cristina BARALDO

 

 

PRESENTAZIONE DELL’ICONA

L’icona è un’immagine, ma un’immagine sui generis, è Immagine-Parola o Parola in Immagine, che vorrebbe rivelare la parola di Dio racchiusa nella vita del padre Antonio Chevrier perché diventi a sua volta luce per molte vite.

Parafrasando il pittore Marc Chagall, potremmo dire che l’icona, espressione della chiesa antica, intinge i pennelli nei colori della Scrittura e nelle forme della teologia.

Cominciando dall’alto, nella volta celeste, si vedono racchiusi i segni della trilogia della Mangiatoia, del Calvario e dell’Eucarestia, nel cui dinamismo di grazia si è ampiamente inoltrato il Beato, per mezzo dell’azione dello Spirito santo in lui, rappresentato dalla colomba che scende nel fascio di luce taborica.

Ogni icona infatti è partecipe della forza e potenza del mistero della Trasfigurazione. “Dall’insegnamento esicasta, in particolare di Gregorio Palamas, tale episodio è diventato l’archetipo e la chiave di tutta l’arte dell’icona, che è un’arte teologica della metamorfosi e della partecipazione alla restaurazione gloriosa dell’immagine di Dio nell’uomo.[1]

Nell’icona è racchiuso il mistero e la memoria del cammino interiore a cui ogni persona è chiamata, con l’aiuto dello Spirito santo: trasfigurare la propria umanità a immagine dell’umanità che Gesù ci ha rivelato. Con Gesù la divinizzazione dell’essere umano, la glorificazione dell’essere umano non è altro che la pienezza di umanità vissuta in ascolto dello Spirito santo.

Il cammino di divino-umanità, cammino di crescita nella coscienza di essere Figli e fratelli, è reso visibile particolarmente nei volti dell’icona: nel volto del Beato Chevrier e nel volto di Gesù. Sono volti di luce che viene appunto chiamata “taborica” perché non segue le leggi del chiaroscuro solare ma del chiaroscuro spirituale.

I volti si iniziano a dipingere dal colore della terra, chiamata Adamà. Indica le nostre fragilità, il nostro limite, la nostra natura. Poi inizia il paziente lavoro di dare luce che evoca” la capacità data dal Creatore all’uomo di aprirsi e di accogliere la partecipazione personale dello Spirito santo. Evoca l’inabitazione stessa del Signore che dà la vita[2].”

Si illuminano così la fronte e gli occhi che rappresentano l’anima, cioè il mondo psichico dell’intelligenza, del sentimento e della volontà. La luce di Dio, progressivamente raggiunge queste dimensioni della vita umana.

Poi è il momento della bocca, della barba, delle orecchie e dei capelli che rappresentano la dimensione sensibile e vulnerabile: in questa dimensione l’essere umano è esposto a ciò che ascolta, a ciò di cui parla.

Infine, la luce si concentra nel massimo splendore possibile per l’arte, nell’oro dell’aureola attorno al volto della persona rappresentata. È la luce dello Spirito Santo che dalla parte più interiore della persona, “penetra tutto il mondo psichico, quello corporeo e avvolge la persona in una luminosità così percepibile che gli altri possono vederla” [3] perché diventa scelta civile e morale, diventa un certo modo di accogliere le sfide del proprio tempo e di rispondervi. È il modo del Figlio di Dio!

“Lo Spirito santo compie l’opera della santificazione, orientando tutto ciò che è nella persona, verso il Figlio che grida Abbà”[4], facendo di ogni persona una figlia, un figlio e una sorella, un fratello di tutti.

L’icona rivela il modo proprio del Beato Chevrier di umanizzare la propria umanità, “diventando un altro Cristo”: un lavoro tutto spirituale compiuto, da discepolo, in ascolto del Vangelo.

Gesù inginocchiato secondo il dinamismo dell’incarnazione veste l’abito dalle tonalità porpora che esprime la divinità. Egli consegna al Beato un cartiglio con la frase del Prologo di Giovanni: “Verbum caro factum est”, che tradotto è “Il Verbo si é fatto carne” (Gv 1,14), un evidente riferimento alla notte di grazia del Natale 1856 indicata da Chevrier comme l’evento della sua “conversione”.  Una conversione che ha il sapore non tanto morale quanto piuttosto di un riorientamento della sua azione pastorale.

Studiando il Vangelo e seguendo il cammino del Servo, il giovane cappellano della Guillotière contemplerà Gesù Cristo che “da ricco che era, si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà” (2 Co 8,9). Da allora si lascerà condurre e immergersi sempre più dalla vita dei poveri, dei peccatori e degli ignoranti scoprendo attraverso gli eventi, la chiamata a diventare un prete povero per evangelizzare i poveri.

Dietro Gesù intravvediamo la basilica di San Pietro, simbolo della città di Roma, unica meta dei viaggi di padre Chevrier, fuori dai confini francesi. Egli visse e operò pressoché in continuazione a Lione e dintorni. Della sua città natale possiamo intravvedere il ponte sul Rodano e delle costruzioni che alludono alle sue chiese e santuari.

Il legame spirituale tra le due città di Lione e Roma, è ottenuto simbolicamente attraverso l’acqua dei fiumi che attraversano entrambe le città e che ricorda inoltre le inondazioni della primavera del 1856 che permisero al giovane cappellano di lasciarsi ferire e “toccare con mano” dalla miseria nella quale vivevano gli abitanti del suo quartiere.

Ad ognuno che si fermerà in preghiera davanti all’icona, con l’aiuto dell’apposito sussidio (La Novena: “Un cammino di santità”), l’icona stessa saprà rivelare quella luce di cui più ha bisogno il proprio cuore, la propria intelligenza, la propria coscienza.

Papa Franesco ci ricorda che “per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità, perché «questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3). Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo” (GE n19).

La contemplazione del mistero di Cristo nella sua incarnazione e redenzione e la decisone di seguirlo più da vicino alla maniera di Padre Chevrier, simbolicamete rappresentato dall’icona, orienti a renderlo “carne nelle nostre scelte e nei nostri atteggiamenti” (GE n. 20).

Buon cammino verso la santità!

 

PREGHIERA PER LA CANONIZZAZIONE

 

Dio nostro Padre

Tu hai scelto il Beato Antonio Chevrier

per annunciare il Vangelo ai poveri,

e per formare apostoli che siano abitati dal tuo Spirito.

Ti rendiamo grazie per tutto quanto già

ci hai donato per sua intercessione.

Il Padre Chevrier é la nostra guida nel seguire

più da vicino tuo Figlio nei misteri

della Mangiatoria, del Calvario e del Tabernacolo,

facendoci cosí scoprire la bellezza  del tuo Amore.

Permetti ancora, che egli possa portare

la nostra preghiera davanti a te cosicché

possiamo ottenere ancor più abbondanti grazie

(in particolare la guarigione di …).

Lo chiediamo a Te che vivi e regni

nei secoli dei secoli.

Amen!

 

Chi ottenesse delle grazie speciale o una guarigione per mezzo del beato Antonio Chevrier è invitato a comunicarlo alla “Commissione canonizzazione” mediante l’indirizzo mail: [email protected]

 

[1] I volti del mistero, Francois Boesplug ed Emanuela Fogliadini, Ed. Marietti 2018, pag. 15

[2] Nel fuoco del roveto ardente, Marko Ivan Rupnik,Ed. Lipa 2006, pag. 34

[3] idem, pag. 35

[4] idem

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